Processo a Che Guevara: persecuzione contro gli omosessuali infondata. di Carla Corsetti
Posso assumere due vesti: quella dell’accusa e quella della difesa.
Scelgo la prima e comincio a raccogliere prove sulla “notizia di reato”
ovvero che Ernesto Guevara, detto il Che, ha perseguitato gli
omosessuali. E così dalle accuse mi muovo per cercare le prove che
possano portare ad una condan...na.
Mi imbatto in una testimonianza che penso possa essere qualificata,
quella di Massimo Caprara, già segretario di Palmiro Togliatti. Caprara
fa una descrizione minuziosa del Tribunale della rivoluzione e descrive
anche le UMAP, ovvero le Unità Militari per l’Aiuto alla Produzione,
vere e proprie case di detenzione nelle quali la “rieducazione” degli
omosessuali egli racconta che fu violenta e oltraggiosa. Cerco riscontri
e trovo che il Tribunale fu istituito nel 1959, che Guevara non ne fece
parte, anche se ratificava le esecuzioni finali. Ma trovo anche che le
UMAP furono ufficialmente istituite tra aprile e maggio del 1965. Provo
ad approfondire le valutazioni sul “teste” Massimo Caprara e leggo che è
stato segretario di un uomo per venti anni e poi ne ha parlato male per
altri venti, che è stato comunista e poi feroce anticomunista, che è
stato un laico e poi un fervente cattolico, che era collocato
politicamente a sinistra e poi ha aderito alle ideologie di destra.
Tutto e il contrario di tutto. Non posso fondare l’accusa avvalendomi
della sua testimonianza perché qualunque giudice la riterrebbe poco
attendibile e poco credibile. Mi imbatto nella accusa diretta di Pierre
San Martin che racconta la propria detenzione nel dicembre del 1959 ma
non trovo nulla che qualifichi la sua detenzione con riferimenti diversi
da quelli della opposizione politica alla rivoluzione. Trovo ancora che
il primo gennaio del 1959 gli omosessuali cubani brindarono, a
capodanno, alla rivoluzione e a Fidel durante le feste organizzate nei
bar “equivoci”. Leggendo di Che Guevara, trovo il suo progressivo
processo di maturazione politica che lo porta ad assumere posizioni
antisovietiche, trovandosi contro non solo la CIA ma anche il KGB,
entrambi accomunati nella identica finalità di distruggere “il mito del
Che”. Sulla repressioni degli omosessuali a Cuba non trovo nulla fino al
marzo del 1965 quando Giangiacomo Feltrinelli, sulle notizie a lui
riferite, si reca a Cuba e affronta direttamente Fidel Castro il quale
lascia intendere che per lui è questione piuttosto secondaria e sembra
accogliere, apparentemente, i suggerimenti dell’amico italiano, ma non
ho riscontro che li abbia davvero ascoltati, tutt'altro. Continuo nella
ricerca delle prove e trovo una intervista rilasciata da Che Guevara a
Maria Rosa Oliver la quale lo incalza sulle esecuzioni del 1959 e Che
Guevara risponde:
“Si, lo so di aver fatto fucilare. Ma è meno ripugnante che far
sorvegliare, perseguitare condannare per ragioni che riguardano soltanto
la vita privata”.
L’interpretazione che viene data a questa risposta è univoca e tutti la intendono come riferita agli omosessuali.
Ergo: ne aveva notizia e non approvava.
Nel novembre del 1964 Che Guevara, dopo aver manifestato espressioni di
dissenso su molte questioni, parte da Cuba per tenere un discorso
ufficiale alle Nazioni Unite, a febbraio è ad Algeri e fa un discorso
contro l’URSS e contro la Cina, torna per qualche giorno a Cuba nel
marzo del 1965 e subito dopo entra in clandestinità, va in Congo, in
Tanzania, torna per un addestramento a Cuba e poi in Bolivia dove
troverà la morte.
Fidel Castro apre le UMAP per “rieducare” gli omosessuali nel 1965, quando Che Guevara è già in Congo.
Non ho trovato nulla che possa suffragare l’accusa di una sua responsabilità diretta.
Non ho trovato una sola frase da lui pronunciata contro gli omosessuali che possa essergli attribuita.
Ravviso una responsabilità politica omissiva per non aver fermato Fidel Castro.
Ma ho deciso di vestire i panni della pubblica accusa e a questo punto,
non avendo trovato né indizi né prove, archivio il procedimento per
infondatezza della notizia di reato.
Carla Corsetti
Nessun commento:
Posta un commento