Un israeliano come tanti. Nato e
cresciuto in una Tel Aviv in perenne stato d’assedio e bombardato sin
dai primi anni di scuola dalla macchina della propaganda. Così si
racconta il giornalista Gideon Levy ai ragazzi del liceo artistico Guggenheim
di Venezia che ha incontrato nell’aula magna del loro istituto giovedì
scorso. Un israeliano come tanti con soltanto una particolarità in più.
Lui, si è fatto delle domande.
“Sin da bambini ci raccontano che le
sole vittime siamo noi, che gli arabi vorrebbero buttarci tutti a mare,
che il nostro esercito è il più morale del mondo, che è cosa normale
accettare la brutalità di quanto accade a pochi metri da noi, che non ci
sono alternative a questo stato di cose. Quando ho cominciato a fare il
giornalista ed a girare per i territori palestinesi, ho cominciato a
chiedermi come tutto ciò fosse possibile. Come può essere il più morale
del mondo un esercito che massacra donne e bambini? Come può una società
come quella israeliana che, se un terremoto sconquassa Haiti è la prima
a portare soccorso, possa convivere con tutto questo orrore? Eppure, se
fate queste domande ad un israeliano, vi risponderà offeso che sono
loro, le vere vittime“.
Gideon ricorda Golda Meir, una delle
fondatrici dello Stato di Israele, che ripeteva “Non perdoneremo mai ai
palestinesi di averci costretto ad ammazzare i loro bambini”. Ma c’è
qualcosa di sbagliato in tutto questo. E Gideon Levy se lo è chiesto,
prima ancora che come ebreo, come vero giornalista.
“L’idea che noi siamo il popolo
eletto è radicata in Israele non solo tra i religiosi ma anche in chi
non è credente e non lo ammetterebbe mai: ‘Noi siamo l’élite dei popoli
della terra, noi siamo le più grandi vittime della storia. Dopo
l’Olocausto, noi abbiamo il diritto di fare quello che vogliamo, di
prenderci tutto quello che ci aggrada’. Nella storia dell’uomo ci sono
tante occupazioni ma quella di Israele in Palestina è l’unica in cui gli
aggressori si presentano come vittime. ‘Noi non vorremmo occupare ma
siamo costretti a farlo! I palestinesi sono dei mostri e ci
ucciderebbero tutti se potessero’ ”.
Una spessa coperta di bugie che è
dura da sollevare perché è saldamente cucita da tutti i settori della
società israeliana, dall’esercito all’istruzione, dal governo ai servizi
segreti, dai mass media ai lettori.
“Non c’è particolare censura nel mio
Paese. Sono i giornalisti che non vogliono raccontare la verità.
Preferiscono tranquillizzare i loro lettori raccontando la frottola che
tutto va bene. Dissenso? Certo. Ci sono numerosi, eroici, gruppi di
ebrei che si battono per i diritti umani, ma sono assolutamente
minoritari. Inoltre, nessun giornale dà loro spazio e li bolla anzi come
traditori. Io, che ho raccontato la vera occupazione di Gaza, ho dovuto
girare con la scorta. E quando ho scritto che trattiamo i palestinesi
come animali, mi sono arrivate centinaia di lettere di protesta… ma da
parte delle associazioni di tutela degli animali!”
Alle basi di quanto accade, sostiene
Levy, c’è il tacito consenso della comunità internazionale che, per
comodo o per sensi di colpa non ancora superati, consente ad Israele di
fare ciò che non permetterebbe mai ad altre nazioni. Quello che è
apartheid in Sudafrica, in Israele è legittima difesa.
“Eppure cosa è, se non apartheid,
quanto accade da noi? Fino a quando Israele non pagherà a livello
internazionale il prezzo della sua arroganza, non ci sarà speranza in
Palestina”.
La pace, spiega Gideon, passa lungo
la strada della democrazia. Inutile farsi illusioni sulla vecchia
proposta “Due popoli, due Stati”.
“Ci sono 600mila coloni nei territori
occupati. Non vedo nessun politico che voglia o abbia la capacità di
sgomberarli. E, d’altra parte, il Governo ha permesso la colonizzazione
dei territori proprio per scongiurare la creazione di uno Stato autonomo
palestinese. A questo punto, sperare di salire su questo treno già
partito, sarebbe solo una perdita di tempo. Dobbiamo capire cosa è
Israele oggi e renderci conto che, in realtà, Israele è tre Stati. Il
primo, democratico e difensore dei diritti civili, con i suoi cittadini
ebrei. Il secondo, quello della discriminazione nei confronti dei suoi
cittadini di origine palestinese. Il terzo, quello dell’apartheid,
quello che uccide e tortura le donne, gli uomini e i bambini dei
territori occupati. Questo triplice sistema deve essere abbattuto con la
formula: un solo Stato per tutti, con uguali diritti per tutti. Le
colonie? Restino, ma su una base democratica. Ma per arrivare a ciò, la
comunità internazionale deve rendersi conto che Israele è uno Stato come
gli altri e non gli è permesso discriminare in base alla razza. Proprio
come non è stato consentito di farlo al Sudafrica. Inutile sperare che
cambi qualcosa all’interno della società israeliana o che il Governo
israeliano conceda a tutti gli stessi diritti, se ciò non gli verrà
imposto con sanzioni e la perdita di finanziamenti dall’Europa e dagli
Stati Uniti. Non vedo altri sistemi capaci di porre fine alle sofferenze
del popolo di Palestina”.
Gideon Levy conclude con un messaggio di speranza.
“Nella storia, gli avvenimenti
accadono spesso inaspettati. Penso al muro di Berlino e alla caduta
dell’impero sovietico. Chi se lo sarebbe aspettato, solo qualche mese
prima? Proprio come quegli alberi che ammiriamo alti e forti. Poi,
improvvisamente un giorno, li vediamo crollare e scopriamo che erano
marci dentro. E io non riesco ad immaginarmi nulla di più marcio
dell’occupazione israeliana in Palestina”.
Riccardo Bottazzo